lunedì 23 giugno 2008

amore, uguaglianze e diversità

Sarò anche dall'altra parte del mondo, ma delle costanti meta-culturali riesco a trovarle facilmente. Al di là di mere questioni tecniche che superano le barriere estetiche - vedi Masuda e i suoi loghi che non sono loghi - sembra proprio che l'amore faccia perdere la testa anche in queste isole di terremotati.

È il caso di Akama, latitante da quasi due settimane, prima a causa di un non ben identificato stato di malattia e poi assente senza giustificazione. A me la cosa sembra molto più semplice di quanto non voglia nascondere: si è trovato una ragazza, per la cronaca bruttissima. Qualche mercoledì fa mi viene a dire, tutto ringalluzzito, che venerdì ha un vero 'appuntamento' con la ragazza - da cinico che sono ne ignoro il vero significato - e, casualmente, il sabato successivo non si presenta al nostro incontro e nemmeno a lezione - nel caso vi fosse sfuggito ho detto sabato e lezione nella stessa frase! -. Vabbè, passi la prima! Ma lasciarmi in balìa di Ippei, che non sa prendere una decisione che sia una nemmeno a picchiarlo - non l'ho ancora fatto ma presto potrei arrivarci - e di Masuda, che prima dice una cosa sensata e poi spara tre stronzate colossali, non mi va niente bene! Anche perchè il tempo corre e noi non stiamo facendo un passo in avanti che sia mezzo. Se questi non si danno una mossa fra poco mi trasformo in Karate Kid e li sistemo per le feste prima che lo faccia Hara con noi.

Giusto a proposito di mosse giapponese, ieri sera Davide si è finalmente tolto la maschera del "che bello il Giappone, sono tutti bravi e belli e hano tutti sempre ragione". Credo si sia finalmente reso conto che molte persone con cui lavoriamo hanno dei grossi limiti. Mi spiego meglio: in questi mesi che ho passato qui non ho fatto altro che accorgermi di tutte le regole e pressioni a cui sono sottoposti tutti i giapponesi, dallo spazzino al capo d'azienda, vuoi per forma-cortesia, vuoi per cultura, vuoi anche per legge. A noi italiani tutto questo sembra una grande costrizione, quasi un'annullamento della nostro disordine creativo, ma per un giapponese non è solo la norma, è l'unico modo per fare le cose. Vi faccio un esempio: se mentre state guidando la vostra auto vi trovate sulla carreggiata un bidone e siete soli in tutta la strada, vi spostate sull'altra corsia e proseguite. Nel peggiore dei casi in Italia riusciamo anche a passare sul marciapiede, ma il concetto è lo stesso. Qui in Giappone è diverso: la regola dice che la vostra macchina deve rimanere sulla giusta carreggiata, quindi un giapponese aspetta immobile finchè il bidone non si sposta. Punto. Non c'è modo di continuare, non c'è modo di aggirare l'ostacolo! Al giapponese nemmeno viene in mente di superare, perchè nessuno gliel'ha insegnato! Non c'è la regola che glielo dice. Al di là della parabola il concetto è semplice: qui vivono circondati da talmente tante regole che appena sono lasciati liberi - anche di inventarsi nuove regole - non sanno da che parte cominciare.

Credetemi, questa è la cosa più difficile da accettare e capire qui in Giappone per un italiano.

domenica 22 giugno 2008

sindrome da pagina bianca

Ammetto che, dopo essere riuscito a scrivere con una certa costanza, ora mi trovo spesso svogliato nell'affrontare questi pochi pixel #ffffff. Ci provo lo stesso cominciando con le piccole cose; il tempo qui fa tecnicamente schifo: si passa da giornate estive calde umide e afose ad ore interminabili di pioggia grigio e buio con una rapidità degna dello shinkansen.

Preso da pochi istanti di caldo ferragostano mi sono precipitato dal parrucchiere a sfoltire degli alieni capelli biondi e ricci. Non crediate però che sia stato facile, perché se già non so dire in Italia come li voglio figuratevi qui mentre sto vecchietto vi guarda dietro 3 centimetri di lenti con 8 paia di forbici in mano! Fototessera dell'università in mano - niente di meglio a disposizione - e via andare. Non mi radevo da più di un mese e quando sono uscito avevo la barba più lunga dei capelli... Quello che mi ha stupito però è stata la minuziosità che la coppia - marito e moglie - metteva nel servire il cliente prima di me: sono rimasto incastrato nel negozio per 45 minuti - in cui ho tirato giù tutti i Buddha dal Nirvana - ad osservare come il vecchietto prima di me si facesse mettere in piega dei capelli da 1,5 cm. Quando se n'è andato non avevo un pelo fuori posto!

Altre cose degne di nota sono le nottate di lavoro universitario che iniziano ad avvicendarsi. Dopo due settimane di tempo per partorire un'idea, alla mezzanotte prima della consegna non avevo ancora nulla per la testa. Preso da isteria e disperazione comincio a fare la prima str****ta che mi viene in mente. Per il capitolo stampa e rilegatura devo solo innalzare un altarino ad Ippei, più gentile e paziente che mai con un lavoro a cui non avrei dato mezza chance di sembrar decente. Vuoi la carta, vuoi i bei colori, vuoi lo Spirito Santo, ma entro in classe con solo 5 minuti di ritardo e un libretto che ha fatto al sua porca figura... Continuerei a non considerarlo un capolavoro, ma questo Bando sensei non lo deve sapere.

Per chi fosse curioso di come procede il Broken Museum: non procede. Il progetto è sfociato in un (sembra) definitivo Info Museum, ma grossi problemi di comunicazione si interpongono tra me e i miei testardi compagni, Masuda-kun (kun in quanto più piccolo) in testa. Chiedo scusa ma io i caratteri non li stropiccio come fossero panni a stendere e non uso interlinee enormi per fare un logo. Lo strozzerei.


P.S. degno di attenzione: il pazzo omicida di Akihabara molto probabilmente verrà impiccato. Pena di morte molto "viva" nel Giappone Civile.

giovedì 12 giugno 2008

Hiro, fotografia e tassi

Strano ma vero riesco anche ad uscire alla sera. Non che me ne sia andato chissà dove - se non nel solito barettino di Takanodai - ma almeno non faccio vita da eremita, e quel che più conta faccio vita sociale con dei giapponesi. L'occasione si presenta con un invito di Alicia - rivolto al "duo italiano", anche se Davide si è sentito escluso - a raggiungerla dopo cena al suo incontro con Hiro: affare fatto!

L'incontro nasce in maniera un po' interessata, visto che Alicia deve trovare una sistemazione per Agosto in quel di Tokyo per sé e per le sua valige, problema che oltretutto interessa anche il sottoscritto. Come d'accordo arrivo dopo quaranta minuti e al mio ingresso il cameriere mi indica direttamente il tavolo dove mi sarei seduto. Ma cosa ne sai che non sono da solo?! Solo perchè è strano vedere un occidentale tutto solo!? La seconda strana sensazione è stata la stretta di mano molto europea con cui Hiro mi ha dato il benvenuto. Non so se qui sono solo molto timidi o se stringersi la mano come saluto non è consuetudine, ma la cosa mi ha fatto molto piacere. Mi son sentito un po' meno fuori dal mondo.

Hiro è evidentemente di famiglia molto ricca, e lo si capisce dal tipo di vita che fa: viaggia in lungo e in largo per tutto il mondo, conosce molte persone interessanti e ne "conosce" più intimamente anche molte altre, ha case sparse per il globo, ma soprattutto - e vi assicuro che lascia basiti - parla inglese, francese, tedesco e un po' di spagnolo a dir poco perfettamente. La scioltezza con cui passa dall'inglese al giapponese è sbalorditiva, e dopo che bevi una birra e del sakè la cosa è ancora più impressionante. Fatto questo piccolo cappello, Hiro è un fotografo molto interessante. Conosce la tecnica ma si concentra sull'idea dietro la pellicola, cosa che, a quanto racconta, è un tema molto caldo qui alla Musabi - e in tutto il Giappone- soprattutto a causa di una vera assenza di tradizione.

Discussioni d'alto livello con un alto livello d'alcool nel corpo, ma quel che abbiamo visto io ed Alicia al ritorno era proprio vero; passeggiando di fianco al fiume che ci porta a casa scorgiamo qualcosa che si muove sul sentiero, ci giriamo incuriositi e quel coso fa lo stesso. Sarà un gatto! Non era un gatto, bensì un tasso - o un procione, non son stato lì a farci un documentario! - che se ne andava beatamente a caccia di notte. Ci scorge con sguardo che sembrava chiederci se avevamo d'accendere, e se ne va strafottente. Strani incontri in quel di Tokyo.

lunedì 9 giugno 2008

pazzi, roppongi ed europei

alias: coltelli per tutti*

Dopo che mi avete contattato in metà di mille per chiedermi se sto bene, la risposta ufficiale è: si, sto bene - divertente come sappiate prima di me cosa succede qui a Tokyo! -, ma se posso permettermi un breve commento, non mi capacito di come quel pazzo sia riuscito ad investire solo tre poveri cristia... ehm... scintoisti!

Parlando di università le cose vanno benone: il museo scelto alla fine è stato quello dei nomi, previa sostanziale modifica di progetto tramutata in the museum, compreso di mostre strane di quelle che piacciono a noi cervellotici designer - grazie comunque per le opinioni, anche io avrei scelto il Broken Museum -. In questa settimana di silenzio ho fatto in tempo anche a conoscere i nomi dei miei due compagni: Akama - piccolo occhialuto innamorato di me - e Masuda - bassista con la zeppola e i bottoni madreperlati -, entrambi da chiamare con il suffisso -kun, in quanto più giovani di me. Purtroppo siccome i professori mi chiamano Mar(u)ko, a differenza di tutti gli altri chiamati per cognome, nessuno qui mi da del senpai (compagno più anziano, ergo: degno di rispetto!).

La minima considerazione formale che ognuno ha nei miei confronti si manifesta al suo apice quando Akama, in compagnia di una giapponesina, mi ha chiesto di "battergli cinque!". Rimango allibito e mi chiedo se stia scherzando, ma dopo tre minuti in cui lo fisso e rimane immobile e sorridente con la mano alzata decido di "concedergli" il fatidico gesto... Quanto mai l'ho fatto! La cosa infatti si ripete il giorno seguente, alla presenza di Masuda e Ippei, che presi da delirio gaijin seguono a ruota con le mani alzate... li avrei presi a schiaffi tutti.

Ma la domenica arriva presto e con essa la mia gitarella dentro-porta in quel di Tokyo: la meta prevista è Roppongi e il Mori Museum. Nelle due ore di viaggio mi perdo almeno tre volte, ma riesco sempre con un giapponese stentato a farmi capire e a trovare la strada giusta. Il grattacielo più alto di Tokyo prevede una magnifica vista sulla megalopoli, e come potete vedere la cosa è mozzafiato: la città è sconfinata, in ogni direzione ci son solo palazzi, casette, strade, ferrovie... un formicaio che non conosce sosta. Il museo invece ospitava una retrospettiva sul premio Turner, tra i cui vincitori ci sono artisti come Damien Hirst. Di tale "artista" - mi schiero tra coloro che non lo considerano tale - erano esposti solo un vit-ello e una muc-ca, e se avete presente le suo opere potete capire perchè è giusto scrivere in questo modo. Conato di vomito e passo attraverso, cercando di non darci peso.

Sempre per parlare di cose serie spero davvero che questa notte - 4:45 locali - la TBS trasmetta Italia - Olanda. Sono pur sempre italiano, no?!


* titolo a richiesta.

lunedì 2 giugno 2008

karaoke, passegiata e Ueno

Sabato sera e necessito una pausa. Lavoro con il fuso di Tokyo, Milano e New York tutti insieme: troppo. Davide propone di uscire con i suoi compagni e non faccio troppe storie anche se mi portano al karaoke. Divertente, si, ma solo se sai cantare, cosa che non è proprio nelle mie corde.

Al di là delle mie (dis)abilità, i karaoke sono dei posti abbastanza spaventosi: luminosi, colorati, ariosi e spaziosi, ma soprattutto desolati. Al di fuori delle porticine numerate che isolano dalla stecche più agghiaccianti non si riesce a scorgere anima viva; potrebbe essere come girare per un albergo molto grande, con una musichetta dolce di decompressione, con la moquette morbida sotto le scarpe... per girare all'infinito: un corridoio segue l'altro e non si trova l'ascensore per uscire. Per fortuna l'incubo finisce presto quando ti passano il microfono... e ne inizia subito un altro (io però Battisti lo lascio riposare in pace, b)!

La domenica arriva presto e nonostante la sveglia suoni molto dopo pranzo, mi equipaggio a dovere e vado in gita a Ueno. Ricordate il parco dopo son stato a fare l'hanabi (il pic nic sotto i ciliegi in fiore)? Esattamente lì, solo che stavolta non c'erano orde di ubriachi collassanti a far da contorno. Non ne sono rimasto così affascinato, lo ammetto. Mi ero diretto in quella zona solo per vedere qualche museo - Il Tokyo National Museum per l'esattezza - ma giunto al cancello mi trovo due guardie che mi fanno notare come dalle 17.30 sia vietato l'ingresso, e indovinate che ore erano? Ovviamente le 17:30. È così che mi immergo nelle stradine vicino al parco, senza meta precisa e senza sapere cosa potrei incontrare/vedere. Cazzeggio, per dirla in maniera spiccia, con la macchina fotografica al collo. I pochi risultati accettabili li potete vedere come al solito su flickr.

Dopo poco meno di un'oretta che sono in giro decido di tornare a casa: se partendo alle 16:00 sono arrivato alle 17:30 non credo che ci metterò di meno per tornare. Ad ogni modo è come se da Milano fossi andato a fare una passeggiata in Svizzera.