mercoledì 30 aprile 2008

feste nazionali, storia e golden week

Dopo la lezione di lunedì pomeriggio io ed Ippei ci diamo appuntamento al giorno seguente per tipografia, senonché durante la sera ricevo una telefonata dello stesso Ippei che mi avvisa in un inglese biascicato che martedì - ieri - non ci sarebbe stata lezione perché il 04/29 (i giorni li scrivono così) è giorno di festa nazionale. Mi informo meglio per conto mio e scopro che effettivamente si festeggia lo Shōwa no hi, in onore all'era Shōwa appena terminata con la morte del vecchio Imperatore Hirohito che ha regnato dal 1926 al 1989. La festa, se di festa si può effettivamente parlare, consiste in una giornata in cui ogni giapponese, memore delle difficoltà del dopo-guerra, pensa al bene futuro del Paese. In Italia questo significherebbe solamente vacanza, al massimo paragonabile al 25 aprile, ma qui non bisogna dimenticarsi che circa sessant'anni fa si son presi due bombe a fungo (e non intendo i funghi giganti di Mario Bros!).

Incuriosito dalle festività nipponiche mi informo meglio su wikipedia, e scopro anche perché Ippei è riuscito a dimenticarsi di una data del genere: questa festa è infatti stata stabilita solo nel 2005. Il 29 aprile infatti si festeggiava il compleanno dell'Imperatore Hirohito - non fortemente sentito dalle nuove generazioni -, mentre dall'89 al 2005 si è celebrato il Midori no hi (o Greenery Day, giorno in cui si ringrazia la Natura per la sua benedizione), festa poi spostata al 4 maggio.
Queste festività a cavallo tra aprile e maggio sono raccolte in quella che qui viene chiamata Golden Week, composta da:
• 4/29 Shōwa Day
• 5/ 3 Constitution Memorial Day
• 5/ 4 Greenery Day
• 5/ 5 Children's Day
• 5/ 6 Substitute Holiday for Children's Day

Dico tutto questo per due semplici motivi: il primo è per farvi scoprire un Paese che è tutt'altro che conosciuto, il secondo è per farvi vedere che qui non faccio un c***o da mane a sera.

martedì 29 aprile 2008

cielo grigio, biblioteca e tesi di laurea

Sveglia tardi, cielo grigio e pessimo umore, avere lezione sempre e solo al pomeriggio non agevola l'essere mattiniero. Pranzo a casa con i soliti udon* (うどん - spaghetti bianchi di farina di frumento) già pronti e penso che è decisamente ora di fare la spesa.

Cerco rifugio in biblioteca sfogliando riviste e libri di grafica ma mi sembra tutto poco degno di nota. Prendo pochi appunti e mi dimentico persino di andare a prendere il libro che mi aveva fatto alzare dal letto. Incontro Shoutaro - che parla sempre meno inglese, almeno quanto io capisco sempre meno giapponese - che mi dà appuntamento alle 16.30 nell'auletta per gli studenti dell'ultimo anno - d'ora in avanti chiamata aula 10-407, alias edificio 10, piano 4, aula numero 07 - per il seminario di Hara sensei.

Mi presento puntuale da spaccare l'orologio e mi trovo intorno ad un tavolo Ippei, la ragazza che è venuta a cena da me qualche sera fa e una tipa cinese di Taiwan dall'età indefinita. A dir poco una lezione privata, che presto si scopre essere un faccio quel *@#§° che mi pare. Per dirla più chiaramente si tratta di una sorta di colloquio con Hara sensei che ti assiste e ti corregge in un progetto a tua scelta. La cosa mi pare familiare e mi suona in testa un solo campanello: tesi di laurea.
Hara parla per un'ora in giapponese stretto e ogni tanto si rivolge a me in inglese pregandomi di chiedergli qualunque cosa perché "se non c'è domanda non c'è comunicazione", solo che mi sembrava scortese fargli ripetere un discorso di un'ora intera in un'altra lingua. Aspetto la fine dell'incontro per farmi tradurre tutto da Ippei, che magicamente riesce a sintetizzare tutto in una frase: "Oggi ha parlato solo dei progetti delle altre due tipe, la prossima volta tocca a noi". Ergo chissenefrega... posso finalmente tornarmene a casa.


* per la cronaca il piatto nella foto è davvero il mio pranzo. Sigh, voglio una pizza!

lunedì 28 aprile 2008

mot, kazuo oga e grazie cinese

Anche ieri me ne sono andato in giro per Tokyo da solo, libero e felice come una farfalla. Meta del giorno: Museum of Contemporary Art of Tokyo, alias il mot.
Solita mezz'oretta per capire dove sia e come arrivarci e parto intorno a mezzogiorno dopo tutte le faccende domestiche. Mi fermo comunque a mangiare un panino vicino alla stazione di Takanodai in un fast food dal nome italico (Lotteria) ma che di italico ha solo qualche lettera. Mi siedo vicino alla finestra ad osservare i bambini che tornano a casa dopo gli allenamenti di calcio/baseball, quando uno di 'sti marmocchi mi si appiccica - per non dire ci va a sbattere - contro alla vetrina che mi è a cinque centimetri. Faccio finta di nulla e non gli do soddisfazione, per cui se ne va. In verità sarei uscito e l'avrei fatto rimanere lì a vita. Con violenza, s'intende.

Solita ora e mezza per arrivare alla stazione di Tokyo (quella vera con lo stesso nome della città) di fronte all'ormai famoso Marunouchi Building. Segue le criptiche indicazione che trovo sul sito del museo e mi avvio verso la fermata dell'autobus, ma ovviamente... niente che possa assomigliare ad una fermata nonostante abbia fatto la strada giusta! Noto però in lontananza un bus, proprio il numero 20 in direzione Tokyoto/Gendaibijustsukan-mae per Kishicho Station; mi avvio incontro al conducente che mi evita come la peste e non vuol sapere nulla di aiutarmi, in compenso mi dirotta verso un crocchio di poliziotti di cui uno sa parlare inglese. Dieci minuti per farmi capire con la mia moleskine in mano indicandogli il museo e l'autobus (compreso di fermata e direzione), ma il risultato è poco meno che nulla: rimedio uno sputazzo sulla pagina e un consiglio di andare a piedi che il posto è vicino. Ringrazio e prendo l'autobus di prima, che si scopre essere proprio quello giusto.

Il museo è di fianco al Kiba Park, che ne costeggia il lato lungo, motivo per cui appena vedo che siamo in Mistume Dori (strada) scendo dal mio mezzo per farmela a piedi. L'unica cosa che riesco a sbagliare sono le considerazioni delle distanza: il lato corto del "piccolo" parco - così veniva definito, e i poliziotti non ne conoscono l'esistenza - è lungo almeno 3 Km, per cui camminare! Scopro però una classe di bambini delle elementari che sta facendo una foto ricordo dopo la gita alla stazione dei pompieri, esilaranti quanto giapponesi. Cammina cammina e alla fine arrivo.

Il mot si presenta con un bellissimo edificio, molto geometrico, cemento in vista e parquet, come molti edifici fighi qui da queste parti. Entro e mi godo la mia mostra in santa pace, aiutato dello sconto "studente di una scuola d'arte". Quello che trovo dentro mi sorprende, non tanto per la stranezza delle opere quanto perché sono sempre un po' diffidente nei confronti dell'arte contemporanea. Tele delle più diverse, un murales gigante - il "Myth of Tomorrow" di Taro Okamoto - e video di come son riusciti a smontarlo e rimontarlo. Il museo non è molto grande, ma mi permette lo stesso di prendere molti appunti. Esco e non posso rimanere indifferente al book shop: non mi trattengo e compro un libro su Kazuo Oga, lo scenografo dello studio Ghibli.

Dopo aver fatto due passi intorno al Palazzo Imperiale torno a casa per cena. Davide ed io andiamo, dopo interminabile decisione, in un ristornate cinese vicino a casa. Fino ad ora l'errore più grande che abbiamo fatto: carissimo! L'unica cosa che ci ricompensa - oltre alla strana pancia piena con cui usciamo - è la grassa risata che ci siam fatti per la cameriera che non finiva più di ringraziarci. Ci ha pure seguiti fuori continuando a ripetere il suo "domo arigato gozaimashita!"... e finiscila una buona volta!

domenica 27 aprile 2008

vuoto, semplicità e wii party

Prima lezione di Hara sensei di Visual Communication per il BA (grossomodo il nostro triennio). Arrivato in perfetto orario non ricordavo se sarei assistito in classe da Ippei, che fortunatamente si presenta pochi minuti più tardi - meno male! - scusandosi del ritardo causato da un mal di testa post-sbronza allucinante. Lo vedo che prende strane pozioni cinesi fatte apposta per l'eventualità (così dice lui, a me sembrava ginseng), e si riprende poco dopo.
Nel frattempo mi trovo circondato da una cinquantina di ragazzi/e sui ventun anni che mi fissano stupiti... ma ormai ci sono abituato e rispondo sempre con un "bhu!". Hara-sensei arriva, mi saluta, scambiamo due convenevoli di fronte a tutta la classe in silenzio e poi lo ascolto mentre dice qualche parola di introduzione a me e al design italiano, tanto che durante la pausa le due ragazze sedute di fronte a me mi scattano delle foto; io sorrido e mi metto in posa, ma misentivo lo stesso un animale allo zoo!

La lezione è in giapponese - ovvio - e Ippei mi traduce almeno il 40% di tutto in modo che capisca almeno il senso generale delle perle di saggezza di Hara. Tema: "emptiness, accessible environment" (il vuoto, ambiente accessibile), alias quanto di più giapponese si possa avere. Per farla breve, la lezione ruota attorno al concetto di globale/locale, di differenze e di cultura, di divinità, di modelli di comunicazione (Shannon & Weaver vs Ah-Un*), di semplicità e di pulizia. Molto zen, o semplicemente distante da tutto quello che siamo abituati a vedere. A fine lezione vado a fargli una domanda in privato - leccaculo si, ma con discrezione! - e gli chiedo se non è paradossale esprimere il vuoto definendo dei limiti, la risposta è breve e chiara "si, ma è solo una questione di esserne coscienti". Amen.

Arrivo a casa e mi presento da Davide e al party che ha organizzato con i suoi compagni di classe. Qualche ora di Mario Kart e picchiaduro affini e mi congedo sperando di non aver fatto torto a nessuno, anche se Davide non mi sembrava proprio contento che li abbandonassi. Mi spiace davvero, oltretutto Kotaro san (detto Ko) era stato tanto gentile da regalarmi un pacco di sale, visto che il mio connazionale gli aveva riferito la mia battuta sulla difficoltà di riconoscere sale e zucchero al supermercato. In verità poi non è stato per nulla difficile, l'uno è tra le spezie e l'altro è tra i dolci, ma credo volesse suggerirmi di cucinargli qualcosa di italiano... La lezione però l'ho già imparata: non ho sufficiente spazio per cucinare, spiacente!


* Modello orientale secondo il quale si comunica solo attraverso un primo e veloce contatto visivo. Scusate se lo banalizzo, in verità è molto più complesso e affascinante.

sabato 26 aprile 2008

tv, bambini e panda

Memore di Takeshi's Castle (Mai dire Banzai, per intenderci) capita che cerchi in tv programmi simili, o almeno che mi intrattengano mostrandomi del tipico masochismo giapponese. Dei 12 canali che ho a disposizione non ce n'è uno che si salvi, vuoi perché è continuamente otturato da strane - nonché esilaranti - pubblicità di birra, vuoi perché il format "La Prova del Cuoco" è più che abusato a qualunque ora del giorno e della notte. Fortunatamente si riescono a scovare anime (i cartoni animanti) a dozzine in qualsiasi orario, per tutti i target possibili.

Ma proprio parlando di anime - da noi considerati "roba da piccoli", qui giustamente pensati soprattutto per gli adulti - devo fare un piccolo inciso sui molti bambini che incontro in giro. Qui nessuno ha paura a mandare i propri figli a giocare da soli in strada; probabilmente è grazie alle poche macchine che circolano e grazie al basso tasso di criminalità*, ma il "fenomeno" non è diverso anche in centro a Tokyo dove folti gruppi di bambini (dai 5 anni in su!) prendono treni e metropolitane senza alcun timore. Buon per loro e buon per noi, mettono solo allegria.

A proposito di bambini e mezzi di trasporto, qualche giorno fa stavo per avere un infarto: tornavo dall'università con la mia biciclettina, svolto l'angolo che mi porta a casa, alzo lo sguardo e cosa vedo? Un panda gigante che mi sta per investire! Mi butto sul lato sinistro della strada (qui si guida come in Inghilterra) e osservo con più calma la bestia che mi passa lentamente di fianco. Altro non era che un pulmino a forma di "dolce" orsacchiotto con le occhiaia che porta i bambini all'asilo... Ho cercato inutilmente di fotografarlo ma era già troppo tardi, è un pulmino timido e in via d'estinzione.


* Io personalmente sono stanco di essere fermato per controlli, ma non si può dire che la polizia non vigila.

venerdì 25 aprile 2008

treni, museo e pioggia

Ieri mattina, preso da forte sconforto per non essermi ancora avventurato seriamente a Tokyo, decido di andare in uno dei tanti musei della capitale. Siccome non mi importava quale, prendo la lista e punto il dito: Tokyo Metropolitan Museum of Photography, detto anche syabi. Cerco di capire per una buona mezz'oretta dove sia e come posso arrivarci e finalmente esco di casa; pantaloncini corti, impermeabile (sponsor fuorisalone.it), zaino, macchine fotografiche, moleskine e mappa dei mezzi.

Takanodai > Kokubunji > Sinjuku > Ebisu. La strada è abbastanza facile, devo solo cambiare quattro volte e aspettare. Già, aspettare e aspettare molto! Poche fermate per un viaggio di un ora e mezza. All'andata passa velocemente, addirittura seduto, guardando la gente che mi guarda, notando curiosi atteggiamenti dei giapponesi in treno (si tolgono tranquillamente le scarpe!) e cercando di esercitarmi con l'hiragana. Stazione d'arrivo Ebisu, uscita est e 7 minuti di cammino sulla Sky Walk - queste le indicazioni sul sito del museo - e mi trovo di fronte allo syabi.

Il museo si sviluppa su tre piani, ognuno con una mostra differente, tutte abbastanza grandi. Sfodero con orgoglio la mia tessera dell'università e per poco meno di 10 € me le gusto tutte e tre. Moleskine e matita in mano e una valanga di appunti! Tutte molto belle: la prima è stata un'esposizione di foto del palazzo imperale di Pechino agli inizi del '900 con relativa copia d'autore ai giorni d'oggi. La seconda è stata quella che mi è piaciuta di più: una retrospettiva su Mario Giacomelli, che non conoscevo. Molto intensa e profonda in ogni tema. L'ultima mostra si intitola "fotografia e surrealismo" e anche se non ho mai apprezzato pienamente il surrealismo
è molto ben costruita. Esco dal museo dopo due ore e diluvia.

Il viaggio di ritorno è un'odissea: ora di punta per milioni di persone e tutte in metropolitana, probabilmente tutti sulla mia linea, probabilmente tutti sul mio treno, probabilmente tutti sulla mia carrozza. C'era tanta di quella gente che non riuscivo a cadere. Nessuno però sembrava far caso a quello che stava succedendo - sicuramente una routine di Tokyo - tutti a leggere, a giocare con qualche videogioco, a scrivere mail al cellulare. Tuttavia la cosa che si nota sopra a tutto è il silenzio: l'esatta antitesi di un qualsiasi vagone italiano. Ognuno rinchiuso nei propri pensieri, ognuno concentrato nel farsi i fatti propri. Un'esperienza di un'altra ora e mezza, senza contare che dall'ultima stazione a casa ho pedalato sotto un'acquazzone tropicale... Arrivato a casa volevo solo buttarmi a terra e dormire.

giovedì 24 aprile 2008

crisi, indicazioni e supermercati

Poco prima della seconda lezione di giapponese pensavo di aver superato la crisi di nervi da cui ero stato colto durante la prima. Mi sbagliavo. Sarà perché non ho mai avuto un gran feeling con le lingue o a causa della mia riservatezza-timidezza-sociopatìa (della serie: perché mai dovrei imparare la tua lingua se non ti devo dire nulla?!), sta di fatto che il giapponese proprio non mi entra in testa! Solo nell'orale poi, perché l'hiragana lo mastico abbastanza da superare l'esame di verifica!

Dicevo crisi a causa della velocità con cui la cara Iwasaki-sensei: se in una settimana ho dovuto imparare tutto un alfabeto, potete immaginare il carico di lavoro per settimana prossima! Dando per scontato che ormai so leggere e scrivere in giapponese come se fosse la mia lingua principale, per mercoledì dovrò essere in grado di chiedere informazioni (ed eventualmente rispondere) su qualunque merce vendibile in un supermercato (che ricordo essere aperto sempre 24h/24). Ora io dico: in un supermercato si vende di tutto, dalle biciclette alle zuppe pronte, dai detersivi ai DVD pornografici... non posso semplicemente cercarmi da solo quello che mi serve?

mercoledì 23 aprile 2008

ritardi, lezioni e wii

premessa: scusate per aver scritto due post in un unico giorno.
Appuntamento alle 12:15 con gli europei in università, l'occasione è quella di conoscere (e poi giudicare) la ragazza su cui ha messo gli occhi Davide. Ovviamente mi sveglio a mezzogiorno spaccato e in cinque minuti concentro un caffè, una ripulita e due sberla per capire se son vivo.
Arrivo in orario spaccato - il mio cervello s'è presentato quaranta minuti in ritardo - e mi faccio spiegare almeno tre volte come funziona la mensa:
1) scegli cosa vuoi mangiare nella vetrinetta con le riproduzioni in plastica di quello che propone la mensa.
2) cerchi disperatamente di ricordarti com'è scritto ciò che vuoi mangiare, se vuoi mangiare veramente.
3) paghi alla macchinetta che ti rilascia uno scontrino con scritto il nome del piatto, che ovviamente è scritto con un altro alfabeto da quello vicino al piatto.
4) ti metti in fila (quella della tua pietanza ovviamente) e aspetti. Meglio se in silenzio e ordinatamente.
Faccio tutti i passaggi, mi siedo e saluto tutti perché alle 13:00 in punto ho la mia prima vera lezione. La fame è prorompente.

Trovata l'aula giusta, Ippei ed io ci sediamo in fondo accompagnati da risatine simil-isterico di tutti i bambini del primo anno che hanno già occupato i primi banchi. Fosse per me una dose di schiaffi a tutti avrebbe solo giovato. A presidiare la cattedra c'è Akiyama-san che spiega le basi di Illustrator e come trovare la paletta del testo - cosa da me risolta con un semplice mela+T - e per far tutto ci mette due ore piene, pausa esclusa. Ne approfitto per far amicizia con Ippei, che mi ringrazia ancora per la serata passata in compagnia.

Arrivo a casa e Davide non perde tempo con un propostone: andiamo subito a Tachikawa a comprare la Nintendo Wii! Affare fatto. Torniamo a casa stravolti da una pedalata lunghissima e dal solito posto di blocco della polizia che se ci incontra non può far a meno di fermarci e chiederci "documenti, prego..." (leggetelo con il più basso napoletano che vi viene, perché quello è il tono). Ad ogni modo con un videogioco in casa potete immaginare come si è svolta la serata.

martedì 22 aprile 2008

affitto, portfolio e cene italiane

Agenda piena questo lunedì appena trascorso: pagare l'affitto, prima lezione con Hara-sensei e cena a casa di Ippei. Le cose sembrano facili e abbastanza passive, ma posso assicurarvi che ho fatto i kilometri in bici. Già, perché per trovare un ATM (un bancomat) che mi leggesse la carta senza andare fino a Tachikawa non è stato facile, o almeno non lo è stato trovarne uno che io riuscissi a leggere! La fregatura maggiore viene dal fatto che l'importo massimo che posso prelevare è uguale al mio affitto mensili, ergo doppia transazione.

Ore 16:40 appuntamento con Ippei nell'auletta riservata agli studenti del master (e visto che qui hanno solo quattro anni di corso e io sono al quinto in Italia, tale auletta con tutti i servizi internet + scanner + stampa + armadietto è riservata anche a me). A quell'ora dovrebbe cominciare anche la prima lezione di Hara, ma al mio ingresso trovo un certo Shoutaro che quasi si spaventa a vedermi entrare e mi avverte che non c'è nessuna lezione. "Ovvio, lo so..." rispondo io con una delle mie migliori facce di palta "ma ho un appuntamento con Ippei". Dieci minuti dopo mi trovo a fare l'ennesima pedalata del giorno per andare a casa a prendere il mio computer perchè son tutti curiosi di vedere i miei lavori e il mio portfolio. Mannaggia a loro! Torno e mi esibisco, e chiedo a loro la stessa curiosità: nulla da dire, lavori molto belli ed eleganti. Molto giapponesi, se mi concedete il termine.

Siccome Ippei si stava già scusando che casa sua era "sporca" e in disordine gli propongo di venire da me, che son pure vicino. Accetta volentieri e si aggiunge un'altra ragazza (di cui dimentico sempre il nome) che secondo me ci sta provando con il mio tutor. Ma se Leopalace ospita allora bastano due bussate alle porte giuste e ci si trova in una camera di 3 metri quadrati anche Davide e Alicia, che ad una promessa di carbonara non rifiutano l'invito. La serata passa velocemente disperandosi dello spazio che non ho per preparare della pasta, con Davide che parla sempre più giapponese, con Alicia che infila una figuraccia dietro l'altra su tutti i luoghi comuni nipponici (vedi bombe atomiche), con Ippei che cerca di capire mezza parola in inglese e x-san che sbadiglia di continuo perchè non capisce nè le parole di Alicia nè il giapponese di Davide (e secondo me pure quello di Ippei). Lasciano il mio appartamento in condizioni pietose e a me tocca pulire.

lunedì 21 aprile 2008

domenica di relax e bagni

Visto il movimentato sabato sera e gli incubi durante il sonno mi sono concesso una domenica di totale riposo (come se avessi potuto passarla in altro modo, poi!).
Sveglia relativamente presto - 13:21! - con leggera colazione, poi prendo al mia biciclettina e via verso i bagni termali. Siccome ve li ho già descritti non mi dilungo nell'elencarvi i passaggi, ma vi ricordo e vi invito a provare la leggerezza con la quale si esce: restare immersi nell'acqua bollente all'aperto contemplando un albero rigoglioso dà immensi benefici. Molto zen.

Sfortunatamente il mio malumore torno poco dopo l'uscita, per placarsi solo molto dopo grazie a qualche parola di sfogo su Skype...

Ora è meglio che mi concentri sull'effettivo inizio dei miei studi.

domenica 20 aprile 2008

videogame, karaoke e "the roof"

Il progetto per sabato sera è di andare a Tokyo, chissenefrega della pioggia e delle ore di treno. Sta di fatto che piove talmente tanto che sembra impossibile fare due metri in bici - figuriamoci arrivare alla stazione - per cui la nostra meta diventa la più abbordabile kokubunji.

Ora di cena e tanta fame, resta solo da decidere a quale neon dar retta per mettere sotto i denti qualcosa; vista la fame da lupi addocchiamo un localino tipico che tiene un cane giapponese fuori a fare da acchiappa-clienti, apprezziamo la manovra di marketing ed entriamo. I signori sono molto gentili e sembra quasi impossibile credere di riuscire a leggere il menù (attenzione: non ho detto "capire"). Si mangia tanto e si spende poco, inoltre il tizio del locale mi spiega cosa dovrei fare con la soba (una sorta di spaghetti molto grossi) che avevo ordinato.
Terminata la cena, con un giapponese accennato ma efficace chiediamo alla loro disponibilità di spiegarci dov'è un locale chiamato "the roof". Inizia un simpatico e irritante siparietto con tre cretini (noi) che ripetono Roof, Roof, Roof... e altri tre deficienti che non capiscono il nome ripetendo roof, roof, roof... Alla fine glielo scriviamo e in coro dicono "Aah! the Roof!", perchè si sà, la differenza tra una R ed una r a volte è fondamentale. Paghiamo, salutiamo e andiamo.

Siccome è ancora presto per andare in un locale ci fermiamo in sala giochi. Ora, come sono le sala giochi giapponesi meritano un capitolo a parte, accontentatevi di un breve accenno: in una parola adeguata e inflazionata sarebbero un "delirio", ma non capireste comunque in quale luogo alienante vi trovate. Una miriade di neon lampeggianti, musichette allegre, colori fluorescenti, rumori assordanti. Tutto in un unico posto. Un luogo di gioco e di scommesse tutto insieme, in cui si trovano i bambini a suonare finti tamburi e i giocatori incalliti attorno tavoli con finti cavalli che corrono davvero.
Non potendo astenermi dal provare l'ultimissimo Time Crisis 4 mi ci butto a capofitto, a volte con qualcuno che mi fa da spalla, e ci spendo quasi l'equivalente della cena. Soddisfatto mi allontano, sapendo che tornerò. Oooh se tornerò! Vado a recuperare Davide al suo tamburo e ci facciamo tirar dentro da Alicia in un karaoke lì di fianco.

Prenotiamo una stanzetta (spero) insonorizzata per un'ora; a nostra disposizione due microfoni , uno schermo gigante con dei video orrendi, un impianto dolby e analcolici gratis a volontà. Per gli alcolici si paga, ma davvero poco. Giusto il tempo di capire che non ho voce e che non so cantare che è tempo di levare gentilmente le tende, alias ci vengono a prelevare di forza e ci spingono alla cassa che stiamo ancora cantando a squarciagola.

Prossima tappa: the roof. Seguiamo le indicazioni e per esser sicuri chiediamo ancora, ma si ripete il carosello Roof-roof-Roof. Gli avrei tirato una sberla se non fosse stata una ragazza! Alla fine ci arriviamo e ne rimaniamo piacevolmente colpiti nonostante non sia un locale come ce lo aspettavamo: posticino tranquillo e intimo, pieno di quadri in vendita di giovani artisti. Pareti bianche e luci soffuse. Rimaniamo solo per poco, giusto il tempo di bere qualcosa, perchè chiudono presto. Era mezzanotte. Preso da fame chimica trascino tutti da McDonald's, che son mia somma soddisfazione è aperto 24 ore su 24. Sarò una fogna ma nessuno si esime dall'ordinare.

Inforchiamo le nostre biciclettine ringraziando che non piove, e dopo 20 minuti siamo a casa. 'Notte.

giovedì 17 aprile 2008

lavatrice, colpi di genio e raccolta differenziata

Potevo far finta di niente ancora per qualche tempo, ma sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato e ho deciso di affrontarlo: giorno di bucato! Prima vera grande prova d'indipendenza. Divido il bucato, scelgo il programma da usare (in giapponese!), centrifugo e tiro fuori i panni puliti! Yatta! (ce l'ho fatta! - evviva!). Il problema viene dopo: dove stendo? Fuori piove a catinelle e il bagno è pieno solo con un paio di jeans appesi: ci penso un po' e... Eureka! Svuoto l'armadio, prendi tutte le grucce che ho a disposizione e stendo tutto in comodità trasformando il bagno in asciugatrice (non sto scherzando, il bagno diventa davvero un'asciugatrice!).

Capitolo a parte per la gestione della casa è la raccolta differenziata.
Il giorno in cui sono andato in comune a registrarmi mi è stato consegnato un calendario "importantissimo": la raccolta dei rifiuti. Fin qui nulla di strano, ma sono in giappone vi consiglio di non dare mai nulla per scontato.
Basta infatti sfogliarlo un attimo e tutte le convinzioni di saper riconoscere cosa va in un sacco e cosa in un altro svaniscono: in 5 giorni di raccolta il netturbino locale raccoglie 12 tipi di sacchi, per l'esattezza: cose bruciali, cose non bruciabili, cose pericolose, plastiche riciclabili, bottiglie, lattine, bottiglie di plastica, giornali, cartonati, riviste, cartocci del latte/succo ("dentro bianchi"), vestiti. Ovviamente anche il cittadino deve fare la sua parte - oltre che differenziare - e portare fuori il sacco in orari molto rigidi, motivo per cui sotto il mio lavandino c'è una piccola Napoli, ma questo è un altro discorso...

Se non avete ancora capito qual è la difficoltà, vi basti pensare a cosa non è bruciabile: a mio modesto parere tutto a sto mondo può prendere fuoco, ma non voglio fare l'incivile e ci rifletto su un attimo ogni qualvolta devo buttare qualcosa. È così che se non vi rispondo su Skype vuol facilmente dire che mi sto interrogando di fronte al cestino: richiamate più tardi o suggerite...

lezioni di giapponese e cene artistiche

Se vi voglio raccontare cos'ho fatto ieri, a farla da padrona c'è la prima lezione di giapponese. Solita compagnia di Davide e Alicia (Milja ieri non poteva ma nessuno ne ha sofferto, sono onesto), senza dimenticare Ui-san* e altri pochi individui coreani.

L'insegnante, tale Iwasaki-sensei, è una donna minuta sui cinquanta con occhi piccoli e neri, molto dolce e disponibile, che ha deciso di chiamare Davide "Maruko-san" e me, prevedibile, "Davide-san". Inciso a parte seguiamo il libro di grammatica per le scuole elementari per bambini stupidi senza troppi preamboli. Purtroppo. In pochi istanti abbiamo già assimilato, sempre secondo Iwasaki-sensei, tutto l'alfabeto hiragana essendo quindi capaci di leggere-scrivere-capire ogni cosa che ci corregga o che ci mostri alla lavagna. Piccolo giro di domande "hai-capito-la-lezione" e sono già nel panico, pigro per sforzarmi così su due piedi a rispondere a che lavoro fanno i miei genitori. Ma la domanda arriva, e di tempo per prendere appunti su pronuncia e vocaboli ce n'è poco, per cui dico alla mia classe che mia madre (mamma, scusa!) fa la nogyo, la contadina. Risposta corretta e sguardi compiaciuti della sensei. Suono della campanella e via di filata!

Per cena Davide e Alicia vengono da me con le proprie robe già pronte, e come sempre accade, quei due si mettono a discutere. Inutile (e divertente) cercare un qualsiasi argomento su cui possano andar d'accordo: ieri sera era il turno dell'"Arte". Devo ammettere che anche io spesso non sono dello stesso parere di uno dei due, ma sicuramente non mi impunto e non mi scaldo per questioni del genere. La serata è comunque molto piacevole e frizzante.

Nonostante la stanchezza a notte fonda e la mia insonnia si ripresenta.


* scultore coreano di quarant'anni circa che ogni volta che ci vede si presenta chiedendoci di ripetergli i nostri nomi per terminare con il suo gutturale "Watashi wa Uiiiiiiiiiiiiiiiiiii...".

martedì 15 aprile 2008

insonnia, solitudine e kaiten sushi

Oggi avevo da fare solo una cosa: presentarmi puntuale alle 12:50 in università (arrivare sempre 10 minuti in anticipo!) per assistere alla lezione di presentazione del corso di tipografia con Bando-sensei. La cosa sembra facile e abbordabile senza difficoltà, ma ovviamente c'è un ma.

Sarà a causa delle quantità di sonno accumulata nel week end, ma credo di essere riuscito ad addormentarmi verso le 6:00 del mattino. Nottataccia passata a rotolarmi in un letto che ha sempre meno le fattezze di un giaciglio umano. È così che la sveglia suona implacabile e impietosa alle 9:30, tanto presto da essere scaraventata giù dal soppalco senza troppi rimorsi. Apro gli occhi "cinque minuti dopo" in tempo per vedere che sono le 13:00 in punto! Shit! Appuntamento perso...

Passo la giornata - quelle poche ore di luce che rimangono, ad essere onesto - in totale solitudine. Abbastanza tristemente aggiungerei, visto che il tempo prometteva sole fino al sorgere del buio. Spesa e giretto in bici con iPod appalla.

Per fortuna la sera rimedia tutto: appuntamento alle 20:00 per andare a mangiare sushi in un ristorantino dove i piatti ti scorrono davanti su un rullo (perdonate ma proprio ma non ricordo il nome generico di questo tipo di posti). Solita compagnia divertente e più che internazionale, con la fortunata aggiunta di Hiro che si presta ad essere traduttore per le nostre malefatte; nello specifico lasciare la macchina fotografica sul rullo, mentre registra un video senza che nessuno lo sappia. So che a dirsi sembra proprio una cretinata, ma a farsi lo è ancora di più! Ad ogni modo credetemi, vedere la faccia stupita di un giapponese che non sa spiegarsi qualcosa è davvero appagante!

Prima che me lo chiediate: no, il video non è venuto. Sigh!

lunedì 14 aprile 2008

sonno, sonno e ancora sonno

Febbre, mal di gola, silenzio, pioggia... piumone e nient'altro da dire. 29 ore di sonno.

Spero di potervi dire di più dal post di domani! In genere scrivo la mattina - la vostra notte - riguardo la giornata precedente; credo che con l'inizio delle lezioni la pubblicazione sarà in serata del giorno stesso.

PS: ne approfitto per fare un grande "buona guarigione" (spero si dica così) a Mirko! Voglio chiamare in ufficio e dire "Ciao Mirko, sono Marco..." il prima possibile. Capito? ;)

domenica 13 aprile 2008

mal di testa, KFC e tachipirina

Giornata spesa a letto e il motivo è molto semplice: tempo pessimo e nulla da fare. Sveglia alle 11:00 con un mal di tesa epocale, ma un'aspirina mi basta. Me ne ritorno felicemente nel mio tatami con il mio cuscino saponetta (non so perché quando mi sveglio lo trovo sempre lontano di kilometri). Gli unici momenti che passo giù dal soppalco sono per prepararmi dell'ottimo riso bianco - d'altro canto sono in Giappone - e per scrivere il post quotidiano.

Verso sera Davide mette il naso fuori dalla sua stanza e viene a farmi visita con una semplice domanda: dove andiamo a mangiare? E visto che all'ultima sfida a carta-forbice-sasso ha vinto lui , oggi scelgo io: Kentucky Fried Chicken, viva il cibo spazzatura. Locale deserto con sottofondo di Bobby Solo giapponese.

Al ritorno provo la febbre che non sto mica troppo bene: 38.6°. Tachipirina e di filata sotto il piumone!

sabato 12 aprile 2008

Hara-sensei, orientation rock-star party e okonomiyaki

Giornata pienissima e importantissima, a partire dal mio incontro con Hara-sensei (professore, per i più distratti). Appuntamento a mezzogiorno con uno dei guru della grafica giapponese contemporanea, e come potete capire ero teso come una corda di violino. Il meeting si svolge attorno ad un tavolino seduti su delle poltroncine, io di fronte ad Hara-sensei, alla mia destra Keeko e nell'altro angolo l'assistente Akiyama-san. Grazie - di cuore! - alla piccola Bhu mi ero preparato la notte prima una versione aggiornata del mio portfolio, inserendo gli ultimi lavori di sintesi, bran manual e web pages fatte al Labo. Hara-sensei segue molto interessato alle descrizioni dei miei progetti, chiedendo in un inglese fuori dalla norma di vederne dei particolari se non l'intera esecuzione. Keeko continua ad annuire sorridendo, ma non fa testo perché lo fa sempre e comunque. Alla fine della mia esposizione Hara-sensei si complimenta e mi consiglia caldamente di seguire alcuni suoi workshop che terrà a breve, sia teorici (anche se in giapponese) che pratici. Ovvio che non rifiuto! Uscito dalla stanza non sapevo se volare o sciogliermi.

Poche ore dopo conosco la mia classe in un'auletta tutta nostra. Domande di rito, sorrisi ed inchini di presentazione, nonché tanti cari saluti a Shiruvia-san (intendevano Silvia, d'altronde io sono Maruko-san. Sigh!). Arriva uno squadroni di professori e tutti intorno ad un tavolo, in religioso silenzio, a seguire le sagge parole d'introduzione all'anno accademico. Primo giro di presentazioni ufficiali iniziando da me. Terminate le mie poche frasi, Hara-sensei comincia ad elogiare l'ottima scuola italiana e prega tutti di non lasciarsi sfuggire l'opportunità di avermi con loro. Ca**o, mi sentivo una rock-star! Per fortuna spuntano fuori degli alcolici e alla terza birra analcolica (o quasi) la mia tensione comincia a sciogliersi. Ne rimedio un invito a cena per domenica da Ippei, mio tutor dalle poche parole britanniche.

Fosse finita qui sarei già stato contento, ma la giornata prevedeva anche il party internazionale di orientamento, alias l'imbarazzo più totale. Per fortuna ero in compagnia di Davide, Alicia, Milja (la ragazza finlandese arrivata l'altro ieri), Keeko e Akane. La situazione era la seguente: 200 persone da tutta l'Asia vs 4 europei. Gli sguardi che si incrociavano erano quelli da "fenomeno da circo", gente di tutte le età che ti guardava come se avesse visto un unicorno, increduli della nostra esistenza di fronte ai loro occhi.
Piccolo cappello introduttivo del preside di non-so-cosa, e via alle danze! Non c'è stato il tempo di smettere di ridere per l'imbarazzo che ognuno di noi era già accerchiato da gruppetti di 3/4 persone, per lo più ragazzine, che ti si piazzavano d'avanti e chiedevano "Come ti chiami? Da dove vieni? Cosa studi?" Risposto ai loro quesiti, calava un gelo irripetibile senza avere altro da dire. Aggiungete poi che la maggior parte delle volte nessuna sapeva parlare inglese...
Mi giro in cerca d'aiuto e trovo Davide che se la scialla attorniato da almeno una dozzina di ragazze che hanno metà delle sue primavere. Per fortuna incrocio Alicia che stava per buttarsi giù dalla finestra dell'ottavo piano, e l'accompagno a fumarsi una delle sue 800 sigarette giornaliere. Il fuggi-fuggi non ha comunque successo perché un tipo mi s'era azzeccato troppo bene e ci segue dappertutto. Probabilmente se ora guardo fuori dalla finestra è ancora lì che mi sorride. Aargh! Lascio a mille persone la mia mail manco fossi un divo di Hollywood e riusciamo a scappare. Che fatica essere italiano!



Ma la giornata non è ancora finita: alle 8:00 c'è l'Okonomiyaki party organizzato da Akane. Puoi chiamarla come vuoi, okonomiyaki-omelette-crêpes-crespella, ma una frittata rimane sempre una frittata. Non aspettatevi nulla di più! La cosa bella è che si è tutti seduti intorno a dei tavoli con una piastra rovente in centro e ci si prepara l'okonomiyaki al momento. Per fortuna la serata finisce in serenità e allegria - vorrei anche vedere dopo tutto quel sake! - e appena raggiungo casa mi addormento di schianto!

venerdì 11 aprile 2008

registrazioni, labirintite e librerie

Giornata interessante quella di ieri: appuntamento alle 10:00 con Akane per andare in comune a registrarci. Dovete sapere che non si vedono molti gaijin (stranieri) qui intorno, e quelli che si trovano qui sono tenuti sotto stretta osservazione, basti pensare a "disaster here". Io non me la bevo mica troppo la storia del sappiamo-chi-chiamare-in-caso-di-disastro, ma non posso mica farci nulla e quindi andiamo in comune. La procedura è abbastanza rapida e indolore, senonché ci si mette Akane a far casino.

Il comune di Kokubunji è a pochi minuti di bici da casa, ma dopo 20 minuti di pedalata riusciamo ad arrivare. Vabbè. Il bello arriva al ritorno: Akane, sotto la pioggia e in bici, prende quella che considera una scorciatoia e dopo 15 minuti dove ci troviamo? Di fronte al comune...
- Akane, la sai la strada?
- Yeeeesss (con occhi stralunati)
- Akane, sei sicura!? Siamo di nuovo in comune!
- Oooh! Sorry sorry sorry!
Tse, vabbè! Meno male che abiti qui, ma se soffri di labirintite fatti vedere! Sta di fatto però che la storia si ripete poche ore dopo quando mi accompagna - o meglio cerca di accompagnarmi - alla compagni telefonica, esattamente dietro l'isolato. Fradicio come poche volte, sorrido e le vorrei tirare un pugno in testa, ma il suo sorriso così sincero me lo impedisce. Sorrido e basta.

Nel pomeriggio altro appuntamento accademico: le presentazioni delle librerie, quella normale e quella immagini. Ci accompagna nel magico tour il capo: un travione alto mezzo metro, abbronzato, con una frangetta metalizzata, con delle unghie kilometriche di color zucca smaltata e con delle zeppe ai piedi alte 20 cm (aggiungete poi che avrà avuto il 29 di piede!). Uno spettacolo insomma! L'apice del divertimento arriva quando cerca di dire in inglese 3rd floor, con il risultato di fare un verso non ben identificato. Crisi di ridarola, ovviamente appena si raggiunge il silenzio più assoluto. La figura di m**da era in agguato e per fortuna me la sono cavata buttandomi a pesce dietro ad uno scaffale. Mi giro e vedo Alicia e Davide che fanno lo stesso piegati per terra con le lacrime agli occhi!
Tanto epr la cronaca le librerie sono effettivamente magnifiche, stracolme di volumi da ogni parte del mondo tanto da non avere più spazio dove mettere il tutto. Ci passerei degli anni dentro!

giovedì 10 aprile 2008

pony, camera e figure di m**da

Mattina passata in casa al computer quando suonano alla porta e mi trovo di fronte un omino delle consegne con in mano una scatola gigante da consegnare! Già immaginavo chissà che regalo enorme da qualche fan sconosciuta, quando sto tizio attacca a parlare con ideogrammi strani e incomprensibili. Dopo due ore di discorso - mentre lo scrutavo con occhi più che interrogativi - si ferma aspettandosi, credo, una conferma (il tono è uguale in tutto il mondo, prima che qualcuno mi chieda come ho fatto a capirlo!). Di tutta risposta mi esce il mio più grande errore della giornata: gli rispondo in giapponese con un bel "wakarimasen", non capisco. Confortato dalla lingua appena parlata, il pony riattacca a parlare indicandomi l'indirizzo sulla bolla d'accompagnamento. Ora: se ti dico che non capisco, non ti sto dicendo che non appoggio il tuo pensiero critico sull'ultima haiku di Bashō! Guardami: sono biondo, alto il doppio di te e non sono giallo! Cosa credi che ti stia dicendo?! Preso dallo sconforto - e dai calci con cui lo cacciavo fuori - il pony se ne va.
Chiudo la porta e mi rimetto al lavoro. Passano altre due ore, e suonano ancora alla porta. Un'altro pony!!! Non ho aperto.

Nel pomeriggio approfitto del tempo per andare a Tachikawa a comprare una piccola macchina digitale e riesco anche a sbrigarmela in fretta: l'unicoo problema sorge quando l'accendo e trovo tutto in giapponese. Panico! Poi, non so in che modo, riesco anche a mettere l'inglese e la mia crisi di pianto cessa all'istante.

In serata arriva il clou: di ritorno dal ristorante percorriamo una stradina che costeggia il cimitero scintoista (in termini scenografici è la cosa meno spaventosa del giappone!) quando Alicia e Davide scattano in bici superandomi velocemente. È subito chiaro che non posso mancare alla gara che assegnerà il premio "Il Più Veloce a Tornare a Casa": la loro fuga è davvero prorompente, da dietro riesco a seguirli con l'impressione di guardare dal vivo Coppi e Bartali, il loro vantaggio si va sempre aumentando, mi alzo presto sui pedali per non farli scappare e... CRASH! La catena della maledetta graziella mi abbandona sul più bello, facendomi fare un volo che ha delle conseguenza devastanti sul mio morale di ciclista mancato. Un primo referto suggerisce solo dei pantaloni stracciati sul ginocchio (ora molto cool!) e nulla più. Mi alzo dall'asfalto con gli altri due preoccupati. Sorrido. Riparo la bici. Arrivato a casa volevo tanto essere a Milano.

mercoledì 9 aprile 2008

pioggia, pioggia e ancora pioggia

È sicuramente l'inizio di una lunga stagione delle piogge, lo sapevo da subito che mi sarei beccato tifoni, tsunami e terremoti, ma esserci è tutt'altra cosa: tutto il giorno in casa per me significa la morte! Alla faccia di quelli che dicevano che me ne andavo in vacanza...

Questo clima tuttavia mi permette un piccola digressione sul cibo: spero che sappiate tutti che non si mangia solo sushi - e non ribattete subito sashimi perché è la stessa minestra, siate onesti! - ma ce la si cava benone anche con fritti vari (il tempura per i più distratti) e con mille salsine che a me sembran tutte di soia. Che altro si possa mangiare di tipico ancora non lo so, magari Piccola Bhu può darmi suggerimenti...

A questo punto vi pongo una domanda: si può andare avanti quattro mesi mangiando solo 'ste robe?! Buone, eh... intendiamoci! Ma io ho fame! Quella vera! Quella che mi fa mangiare quattro hamburger alle 6:30 di pomeriggio... Si accettano consigli per sopravvivere (meglio se caldo e con molto olio).

martedì 8 aprile 2008

tai fun, polizia e poster

Qui a Tōkyō comincia a piovere che dio la manda, e vista l'esperienza di ieri dovrò comprarmi un ombrello al più presto! Ciò nonostante ieri pomeriggio, Davide ed io inforchiamo le nostre bici per mantenere fede all'appuntamento dato alla gentilissima signora che mi ha procurato il poster dell'Art Award Tokyo; decidiamo di strabattercene dell'acqua e della stazione di Takanodai e andiamo direttamente alla stazione di Kokubunji per risparmiare un paio di eurini se non di più... La strada è tutt'altro che corta e semplice, semmai assomiglia di più ad una gincana tra stradine tutte uguali, se poi ci aggiungete che cercavamo di seguire le rotaie del treno... Giunti a Kokubunji credevamo di avercela già fatta, quando un simpatico poliziotto ci nota - non so come abbia fatto visto che siamo perfettamente mimetizzati! - e ci chiede di compilare un foglio perchè, cito, "distaster here...". Ora: voi cosa immaginate se in università vi allertano della possibilità di tifoni (tai fun in giappo) e vedete che sta piovendo come pochi?! Cominciamo a preoccuparci quando capiamo che voleva semplicemente sapere chi eravamo e chi contattare IN CASO di disastro! Credo che mavvaffanculo lo capiscano anche qui!

Solita oretta di treno e arriviamo di nuovo a Tōkyō, cerchiamo la tipa ma non c'è nessuno! Giornata di mer*a, non poteva che piovere! Decidiamo così di farci un giro a Ginza e ci avventuriamo a piedi fino a che siam presi da una fame da "c'ho i draghi nella pancia!" e ci fiondiamo in ciò che è più riconoscibile ai nostri occhi: un MacDonald's, ovviamente. Non mi dilungherò oltre, ma dico solo "megamac" (alias due BigMac impilati, alias 4 hamburger insieme) alle 6:30 di pomeriggio.

Stanchi (dal panino!) torniamo indietro, troviamo una tipa molto gentile che mi consegna il poster sbagliato (ARGHHH!) e mi invita a tornare il giorno dopo per prendere quello giusto come se avessi 12€ da buttare ogni volta.
Stravolti, ci buttiamo sul treno. All'arrivo in stazione diluvia ed è pure buio... siamo comunque riusciti ad arrivare a casa.

lunedì 7 aprile 2008

onsen, telefono e hanami

Giornata piena senza che fosse in programma: poco prima di mezzogiorno mi lancio alla ricerca di un telefono con cui comunicare (leggi mandare-leggere mail) insieme a Davide. Alla comitiva si aggiungono Alicia e la sua amica Ayako-san che si propone di farmi da traduttrice. Ok, affare fatto.

Prima di cercare sto telefono però ci fermiamo agli onsen, i bagni: un mix tra terme e bagni turchi - insomma una figata! - in totale silenzio e totale nudità*. Il commento viene ovviamente a posteriori perchè sul momento è stato un incubo cercare di capire come funzioni tutto, senza nessuno che ti spieghi o che parli inglese e senza alcuno da imitare. Alla fine riusciamo a capire il procedimento:
1) Si entra e ci si siede di fronte a un muricciolo con tante postazioni composte da specchio, bacinella, rubinetto, doccia e saponi. Qui ci si pulisce a fondo insaponandosi e trofinandosi con l'ascigamano che ci si porta dietro.
2) Dopo questa operazione si è abilitati ad entrare con calma (ve lo cosiglio!) nelle vasche d'acqua termale bollente in cui sono in ammollo altri vecchiazzi cinture-nere-di-qualsiasi-arte-marziale.
3) Appena sentite che le forze vi stanno abbandonando è il momento di fare due passi e andare nella vasca all'aperto, non più bollente ma stra-bollente. Anche qui ovviamente non è lecito emettere nessun grido di dolore o espressione di sofferenza perchè siamo in Giappone e qui il male è all'ordine del giorno.
4) Quando sentite che il vostro odio per tutto quello che vi sta intorno è al culmine è il momento di alzarsi e di fare un tuffo nella vasca in cui molta gente è placidamente a sorridere. Il perchè lo fanno è ovvio solo dopo il vostro ingresso: in acqua ci sono anche pinguini e orsi polari e sfido chiunque a non ridere delle facce che accompagnano la sorpresa della temperatura abissale. Ma qui siamo in Giappone e nessuno emette suono...
5) Una volta ritrovata sensibilità nelle gambe ci si può alzare e tornare al punto 1 per poi uscire.
Anche se dentro è una tortura i benefici sono immediati e ci si sente subito leggeri e felici di essere ancora al mondo. Ve lo consiglo "caldamente"...

Torno alla ricerca del telefono e ne trovo uno in un supermercato (si, ho scritto supermercato) ma disguidi tra la compagnia telefonica e il mio passaporto senza indirizzo mi impediscono ancora di poter ricevere/fare chiamate... Io che a queste porcate delle compagnie telefoniche ci sono abituato non mi stupisco più di tanto, ma mi rincuora la faccia incredula di Ayako-san perchè il amore per il Giappone stava precipitando.

Salutiamo la nostra compagnìa nipponica per trovarci a pomeriggio inoltrato con Akane (che ci ha definitivamente permesso di chiamarla Akane senza "-san") per un hanami. Questo hanami, il cui significato è "guardare i fiori", non è altro che un mega pic-nic di massa sotto i ciliegi in fiore, nonchè occasione perfetta per sbronzarsi miserabilmente in compagnia di altre migliaia di persone che hanno steso la loro copertine di fianco alla vostra. Il nostro anami passa velocemente con tanto vino, altrettanto sakè, e molto sushi fatto al momento con le cose portate da casa. Tutti sbronzi, compresa Akane che ci pregava di non dire nulla a Keeko-san (!!!), tranne me. Meglio così perchè non sapevo minimamente dov'ero, e vi dico solo che per tornare a casa ci abbiamo messo 1 ora e mezza solo di treno!


* Sottolineno nudità solo perchè qui in oriente ci si sente dei fenomeni, ma non approfondirò! Chi vuol cogliere...

domenica 6 aprile 2008

giretti, mostre e club

Bhe, devo ammetterlo: per ora solo giretti e mostre o poco altro. Le lezioni inizieranno tra una settimana (se non tra due) a causa delle presentazioni dei corsi nella prima settimana, mentre nella seconda verranno promossi i club (tra cui, ad esempio tra quelli sportivi, sci, kung fu cinese, immersioni subbbacquee, vela, kendo, etc. etc fino ai più banali calcio, pallavolo, baseball e rugby). Già riesco ad immaginarmi Ago che si butta contro una mischia di coreani inca**ati... motivo per cui opterò per un più normale calcio, oppure per un intellettuale club di "printmaking".

Ma tornando ai giretti per la metropoli notavo con piacere che l'abitudine di fare sconti nei musei per gli studenti è davvero solo italiana; qui i musei te li regalano, quasi ti pregano di andarci! Keeko ci ha dato una lista quasi infinita di musei con i quali la Musabi è convenzionata e non credo che mi basteranno 4 mesi per visitarli tutti! Si spazia dal Tokyo National Museum a quello d'architettura, da quello di fotografia a quello di botanica...

Perchè Davide giustamente ricorda:
"In Occidente premiamo l'intelligenza.
In Giappone puniscono l'ignoranza
!"

sabato 5 aprile 2008

marunouchi art weeks 2008

Ieri ho avuto l'incontro con miss Akiyama-san (l'assistente di Hara sensei*) per decidere il mio effettivo piano di studi qui alla Musabi. Qui ho avuto modo di conoscere anche il mio tutor, uno sfigatino dall'aspetto simpatico di nome Ippei (si, quasi come il pescatore) che mi farà da traduttore simultaneo in 2 corsi dei tre approvati, mentre per il restante ci sarà miss Akiyama-san. Per chi non lo sapesse, la forma nipponica prevede che ad un incontro ogni partecipante sappia già tutto su quello che c'è da dire - soluzione e risultato compresi - in modo da discuterne solo i dettagli; potete capire che è una cosa alla quale devo abituarmi in quanto amante delle cose fatte all'ultimo secondo...

Nel pomeriggio invece Akane-san ci ha accompagnato a Tokyo ad un'esposizione-fiera dal nome "marunouchi art weeks 2008": settimane dedicate a mostre ed esposizioni di giovani artisti dagli occhi a mandorla nel Marunouchi Building. Ci abbiamo messo circa un'ora e mezza ad arrivare ma ne è valsa decisamente la pena: opere molto belle e gente molto interessante, giovani artisti e piccole gallerie private. Tutto ovviamente molto pulito, ordinato, gentile e sinceramente contenti che degli occidentali fossero interessati alla loro opere. Lo spirito è quello del fuorisalone, senza il baccano mediterraneo e con la voglia di essere al centro dell'attenzione.

Innamorato del poster della manifestazione non ho potuto far a meno di chiedere alla gentilissima signora che parlava inglese come potevo averne uno; la fortuna evidentemente mi ha assistito (o probabilmente ho fatto leva sul fatto che i giapponesi NON possono dirti di no) e le ho lasciato la mia mail per informarmi. Ebbene questa mattina scopro che mi ha scritto dicendomi che ha chiesto all'addetto - leggi minacciato - e chiede quando passerò a prenderlo che è riuscita a trovarne uno solo per me! yatta!


*professore

venerdì 4 aprile 2008

burocrazia, inchini e sorrisi

Mi sveglio intorno alle 7:30, riposato e in silenzio, neppure la sveglia suona. Già, perchè la sveglia non suona?! Arcano risolto, batteria scarica come per mio computer. Priorità massima della giornata: risolvere la crisi elettrica che mi impedisce qualunque sorta di contatto con casa.

Akane-san (la "relatrice" per tutto quello che riguarda la casa) ci porta in giro per la zona alla disperata ricerca di un adattatore e ci mostra qualche posto un pò sgamato per fare compere, spesa, ristorantini etc. etc.. La ricerca non ha buoni frutti e siamo costretti a tonare a casa per pranzo e prepararci per l'incontro "ufficiale" di presentazione dell'ufficio relazioni estere dell'università.

Il pranzo consiste in una roba non ben identificata da fare in micro-onde, strano, molto giapponese moderno e abbastanza buono. [ho ancora tutto l'odore in camera!]

All'incontro arriviamo in ritardo di 3 minuti, e Keeko ovviamente era disperata. Qui conosciamo una tipa francese della mia età che ne dimostra 30 e cominciamo a chiedere qualcosa al suo ottimo inglese (di contro a quello cigolante di Keeko), ma veniamo zittiti mentre stiamo andando in un ufficio tutto per noi: motivo? Avremmo dovuto conoscerci solo nella stanzetta e non far domande prima. Anche questa è burocrazia.

L'incontro è stato imbarazzante: abbiamo dovuto presentarci al resto del "folto" gruppo e leggere ad alta voce un documento su come comportarsi in caso di terremoto, tifone, attacco di robot giganti alieni, Godzilla e quant'altro. Davide è rimasto sorpreso dalla quantità di catastrofi naturali che accadono all'anno solo a Tokyo e credo abbia fatto un serio pensierino di tornare a casa.

Alicia (credo che la tipa francese si chiami così) ci porta a Tachicawa-shi, dove in un palazzone enorme pieno di ogni ca**ata elettrica-elettronica riusciamo a trovare sti maledetti trasformatori... missione compiuta! Non consiglio tuttavia l'ingresso in questo tipo di negozi a nessun epilettico, a causa del continuo e incessante attacco sonoro di gingle, musichette e pubblicità incomprensibili.

Domani ho l'incontro con miss Akiyama, l'assistente del prof. Hara: vista la formalità sono già abbastanza nervoso, ma son sicuro che andrà benone anche se non so ancora cosa chiedergli.

viaggio, arrivo e benvenuto

Quindici ore di viaggio sono tante, se poi ce ne aggiungi 7 di fuso sono davvero tante, e se poi proprio hai voglia metticene altre 4 di treno e bus e allora son davvero troppe; fate pure i calcoli di quanto è durato l'attraversamento del pianeta.

All'arrivo io e Davide (l'altro studente di Milano che è qui con me) non troviamo Keeko-san che dovrebbe aspettarci per condurci a Musabi (l'università, per intenderci), decidiamo quindi di chimare il numero di riferimento datoci: "pronto, parla Keeko!" ...bene, ma non dovevi venire a prenderci!? Ci spiega a strada e ci avventuriamo attraverso Tokyo con delle valige di 30Kg; la traversata, come detto, dura 4 ore di metropolitana e bus.

Arriviamo in università alle 2 di pomeriggio, distrutti da ore di volo insonni e senza aver mangiato. Burocrazia e molti molti inchini e sorrisi. Sarà di sicuro una costante di questi mesi, ne sono certo.